Esplosività delle polveri

Il processo di esplosione e i materiali a rischio

Ultima modifica: 03/03/2023

Il fenomeno dell’esplosione di polveri è piuttosto semplice da immaginare in termini di esperienza di vita quotidiana. Qualsiasi materiale allo stato solido che può bruciare lo farà con un’intensità ed una velocità che crescono all’aumentare della frammentazione del materiale stesso. Un pezzo di legno, una volta infiammato, brucia lentamente, rilasciando calore in un lungo periodo di tempo. Se invece viene tagliato in piccoli pezzi, la velocità di combustione cresce poiché la superficie di contatto totale tra il legno e l’aria è maggiore e quindi l’innesco del legno risulta più facile.

Se la suddivisione proseguisse fino a particelle di dimensioni dell’ordine del decimo di millimetro o inferiori, e le particelle fossero sospese in un volume d’aria sufficientemente grande al fine di garantire loro sufficiente spazio affinché possano bruciare senza limitazioni, la velocità di combustione sarà molto alta e l’energia richiesta per l’innesco molto piccola. Tale nube è chiamata esplosione di polveri.

I materiali che possono dare luogo ad un’esplosione di polveri possono essere:

  • Materiali organici naturali (farina, legno, tela, zucchero, ecc…)
  • Materiali organici sintetici (plastica, pigmenti organici, pesticidi, composti farmaceutici, ecc…)
  • Carbone e torba
  • Metalli (alluminio, magnesio, titanio, zinco, ferro, ecc…)

La densità della polvere affinché la miscela sia esplosiva

Fig. 7.2 mostra il range di esplosione per un tipico materiale organico naturale, come farina di maizena, in aria a temperatura ambiente e pressione atmosferica. Questo range è piuttosto ristretto, estendendosi in meno di due ordini di grandezza (da 100 g/m3 a 2 kg/m3).

I limiti di esplosività differiscono tra le varie polveri. Ad esempio, la polvere di zinco ha un limite inferiore di esplosività di circa 500 g/m3.

Nubi di polveri esplosive hanno una elevata densità ottica, anche al LEL. Questo è dimostrato, come in Fig. 7.2, dal fatto che il range di massima concentrazione di polvere permissibile che è specificata nel contesto di pulizia negli ambienti di lavoro, è tre o quattro ordini di grandezza minore delle concentrazioni di polvere esplosiva minime. Questo significa che i livelli sgradevoli di concentrazione di polvere che possono capitare negli ambienti di lavoro di uno stabilimento, oggetto di verifica da parte delle autorità, sono largamente inferiori ai livelli di concentrazione che possono propagare l’incendio.

Di conseguenza, la concentrazione minima di esplosività (MEC o LEL massico) corrisponde ad una nube di polveri con elevata densità ottica, la quale è improbabile che si verifichi con regolarità negli stabilimenti. Fig. 7.3 mostra le elevate densità ottiche di nubi di polveri esplosive, basati su una regola empirica di Intelmann e citata da Zehr (1965): “Si consideri una lampadina di 25 W osservata da 2 m di distanza nella polvere, se il bulbo non è visibile, la concentrazione è superiore a 40 g/m3, ovvero, circa metà del MEC”.

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